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La responsabilità sociale d’impresa, o Corporate Social Responsibility (CSR), è l’insieme delle attività aziendali in grado di generare un valore positivo per la collettività e per l’ambiente. Anche se non è formalmente obbligatoria, oggi nessuna azienda può farne a meno. Ecco perché

La Corporate Social Responsibility (CSR) è la responsabilità sociale d impresa. Si tratta dell’insieme dei comportamenti e delle azioni che un’azienda metterà in atto con una ricaduta positiva sulla società civile, sull’ambiente, sulla comunità territoriale alla quale appartiene. Un aspetto sempre più rilevante per le imprese di qualsiasi settore. Oggi l’attenzione e la sensibilità per il valore condiviso che anche un’azienda può generare sono elevate in tutte le parti interessate: cittadini, consumatori, stakeholders, investitori, istituzioni. Vediamo quindi di capire meglio in che cosa consiste la responsabilità sociale d’impresa, perché è davvero importante e come metterla in pratica.

Cosa si intende per CSR?

Per CSR – Corporate Social Responsibility, si intendono tutti quei comportamenti che un’azienda mette in atto con un fine diverso rispetto alla generazione di un profitto. Ad esempio:

  • contribuire finanziariamente al rinnovamento di un edificio pubblico del territorio adibito a servizi per i cittadini (cultura, sanità ecc);
  • sostenere con risorse economiche oppure offrendo spazi, risorse, competenze alla realizzazione di un evento sportivo o culturale in città;
  • effettuare una donazione ad un Ente del terzo settore, ad una associazione di volontariato o ad un’altra realtà che si occupa del benessere collettivo;
  • investire risorse nell’innovazione tecnologica al fine di limitare al massimo l’impatto delle attività aziendali sull’ambiente.

Come fare CSR?

Un’impresa non diventa socialmente responsabile dall’oggi al domani. Quello verso la Corporate Social Responsibility è un percorso composto da tutte le tappe significative che l’azienda raggiunge nella sua crescita. Fondamentale è il legame con il territorio: per praticare la CSR occorre sviluppare dei legami con diversi soggetti, dalle istituzioni ai partner commerciali, dai cittadini al tessuto associativo. Attenzione, però, a non limitarsi ad un intervento di facciata: il cosiddetto greenwashing. L’impegno ambientale o sociale dev’essere reale, visibile e misurabile, con un impatto concreto sul territorio e sulla comunità.  

Perché è importante la CSR?

Anche se formalmente l’impegno per la creazione di valore aggiunto rispetto al proprio business è quasi sempre una scelta volontaria, di fatto ormai nessuna azienda può farne a meno. Rischierebbe, infatti, di produrre una percezione negativa da parte dei potenziali clienti e investitori, in quanto le aziende sono ormai considerate a pieno titolo soggetti attivi nel cambiamento e nell’evoluzione della società. Tanto gli acquirenti, quanto i partner e gli investitori, nella scelta delle aziende alle quali rivolgersi per fare acquisti oppure con le quali stringere alleanze tengono sempre più di frequente in conto l’attenzione alla sostenibilità, all’inclusività, al ruolo delle imprese sul territorio.

 

Quali sono i vantaggi per un’impresa che sceglie di essere socialmente responsabile?

In particolare, la CSR contribuisce a:

  • rafforzare i legami con gli stakeholder;
  • migliorare la reputazione e l’immagine aziendale;
  • differenziarsi dai concorrenti;
  • attirare nuovi talenti;
  • fidelizzare i dipendenti, creando un ambiente di lavoro motivante e sicuro;
  • attirare e fidelizzare i clienti, sempre più attenti alle pratiche etiche delle aziende;
  • rendere più efficiente la gestione aziendale;
  • ridurre i costi operativi grazie all’efficienza energetica e alla riduzione degli sprechi;
  • facilitare l’accesso al credito, a vantaggi fiscali e a semplificazioni amministrative;
  • limitare il rischio d’impresa e le azioni di boicottaggio;
  • aumentare il valore dell’azienda nei mercati che applicano rating etici;
  • aprire nuovi mercati e creare opportunità di business
  • incrementare il fatturato.

Da quando si parla di CSR?

L’origine del termine Corporate Social Responsibility (CSR) viene comunemente attribuita ad  Howard R. Bowen, autore del testo “Social Responsibility of Businessman”, del 1953. Nel libro, l’autore s’interroga su quali responsabilità spettino ad un dirigente d’impresa nei confronti della società. Un altro riferimento è il saggio “Strategic Management: a Stakeholder Approach” scritto da Robert Edward Freeman nel 1984: un’analisi sui limiti etici dell’economia. Nel 2011 la Comunità Europea ha dato una definizione ufficiale della Corporate Social Responsibility: “L’integrazione su base volontaria, da parte delle imprese, delle preoccupazioni sociali e ambientali nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate”.

C’è poi la nota interpretazione di Archie B. Carrol, che nel 1991 ha elaborato una piramide della CSR. Alla base c’è il profitto sul lungo periodo. Al secondo gradino il dovere dell’azienda di rispettare norme e leggi, dai diritti umani alla salute pubblica. Al terzo posto si colloca l’etica, che si può esprimere ad esempio in una maggiore attenzione nella cura dei rapporti con le diverse parti coinvolte. In cima si colloca la CSR vera e propria, intesa come l’impegno a restituire all’esterno il guadagno ottenuto grazie al proprio business. Il riferimento è in particolare ad attività filantropiche e di volontariato aziendale, che oggi rappresentano solo una parte della Corporate Social Responsibility.

Quali sono i principi alla base della responsabilità sociale d’impresa?

La responsabilità sociale d’impresa si traduce nella creazione di un valore aggiunto per la società, per l’ambiente, per le persone all’interno e all’esterno dell’organizzazione. I principi fondamentali su cui si basa sono i seguenti:

  • sostenibilità ambientale e sociale (tutela della natura e rispetto delle risorse umane);
  • qualità dei prodotti e cura nei processi di produzione;
  • trasparenza nella comunicazione e accessibilità ai dati e alle informazioni aziendali;
  • carattere volontario delle azioni intraprese al di là degli obblighi di legge;
  • integrazione di tutti i settori e gli ambiti aziendali nell’ottica della responsabilità d’impresa.

Questi principi vanno intesi come un piano d’azione integrato. Certo, ogni azienda investirà maggiori tempo e risorse nell’ambito che più gli compete e che più si avvicina ai propri valori, ma è importante che le attività di CSR vengano portate avanti in modo coerente. Ad esempio, un’azienda che dedica grande attenzione all’ambiente ma poi non pratica politiche rispettose ed egualitarie per i propri dipendenti, è poco credibile.       

Chi si occupa di CSR?

Il CSR Manager è la figura professionale che, all’interno delle aziende più strutturate, si occupa di definire e di applicare tutte le attività legate alla Corporate Social Responsibility. In Italia questo ruolo ha iniziato a diffondersi negli ultimi anni, mentre nel Nord Europa e negli Stati Uniti è presente già da molto tempo, anche nelle aziende di medie dimensioni. Il CSR manager deve avere solide competenze in ambito economico, giuridico e gestionale. Considerando la complessità del ruolo, che fa direttamente riferimento all’amministratore delegato, è necessario aver accumulato diversi anni di esperienza in azienda per ricoprirlo. Senza dubbio, nell’immediato futuro questa figura sarà sempre più importante e ricercata.

Cosa comprende la responsabilità sociale d’impresa?

La Corporate Social Responsibility aziendale si esprime in due direzioni principali. All’esterno e all’interno dell’azienda. La prima, la più immediata e nota, si riferisce come abbiamo visto finora all’impatto che l’impresa ha sulla società. Includiamo in questo ampio settore tutte le azioni volte a generare un beneficio collettivo. Come misure per la riduzione dell’emissione di gas serra e dell’utilizzo di combustibili fossili, attività a supporto della salvaguardia della natura, incentivi alla ricerca per l’uso di energie alternative, sviluppo di soluzioni per facilitare e migliorare la vita di fasce bisognose della popolazione, donazioni ad organizzazioni ed enti non profit, collaborazioni con le istituzioni e gli enti territoriali e così via.

Questa componente è sicuramente la più vasta e complessa, ma al contempo ogni azienda deve occuparsi anche della sua gestione interna: un’organizzazione che mette in campo buone azioni ma poi non tutela i propri dipendenti non è credibile. La Corporate Social Responsibility interna include l’attuazione di politiche aziendali volte ad incentivare l’inclusione, la sicurezza sul lavoro, un ambiente sano e piacevole, salari equi e adeguati, opportunità di carriera, la parità di genere, un buon bilanciamento tra vita privata e professionale. La percezione da parte dei dipendenti, infatti, influisce in modo determinante sull’immagine dell’azienda.

Tipologie di Corporate Social Responsibility

Una particolare categoria della Corporate Social Responsibility esterna è la Corporate philantropy. Si tratta delle donazioni che le aziende fanno ad enti del Terzo settore, organizzazioni non profit, associazioni di volontariato in ambito sanitario, educativo, ambientale, culturale e così via. L’azienda può farsi portatrice di una buona causa o di una campagna di crowdfunding, coinvolgere i propri dipendenti in un’attività di volontariato o donare parte del ricavato per scopi benefici. Un esempio è la ristrutturazione di una scuola o il finanziamento di un’attività educativa. Si può optare anche per anche la formula delle sponsorizzazioni di ricorrenze o eventi correlati al proprio settore.

Parliamo invece di creazione di valore condiviso quando l’azienda genera valore per il territorio in cui opera nel complesso, o addirittura per il Paese. Questo approccio parte dal concetto che un buon livello di vita si rifletta anche sui risultati di un’azienda. Operare in un contesto in cui il livello di istruzione è elevato, le risorse disponibili sono molteplici e il benessere è diffuso è sicuramente una condizione favorevole per lo sviluppo del business. Si tratta, quindi, di innescare un circolo virtuoso. Un progetto di CSR particolarmente efficace è quello che mira a modificare in positivo abitudini e comportamenti dei consumatori. Ad esempio, incoraggiando stili di vita e regimi alimentari salutari. Infine, rientra nella CSR anche il risk management, ovvero la gestione di eventi negativi, come scandali o incidenti, che mettono l’azienda sotto una luce negativa.

Quali sono gli strumenti della CSR?

Il CSR Manager deve fare riferimento a numerose linee guida, certificazioni e standard internazionali. Vediamone alcuni dei principali.

  • ISO 26000: la certificazione ISO 26000 rappresenta uno standard di riferimento per ogni azienda in ambito di Corporate Social Responsibility; volontaria e valida a livello internazionale, fornisce linee guida su molteplici aspetti della CSR quali trasparenza, accountability, comportamento etico, diritti umani, interessi degli stakeholder e molto altro ancora.
  • ISO 14000: individua gli standard internazionali legati alla gestione ambientale delle organizzazioni.
  • SA 8000 (Social Accountability 8000): individua uno standard internazionale di certificazione redatto dal CEPAA (Council of Economical Priorities Accreditation Agency) che ha l’obiettivo di certificare alcuni elementi della gestione aziendale relativi alla CSR.
  • OHSAS 18001 (Occupational Health and Safety Assessment Series): standard internazionale legato alla gestione della sicurezza e della salute dei lavoratori.
  • GRI (Global Reporting Initiative): standard per la rendicontazione della sostenibilità che aiutano le organizzazioni a comunicare le loro performance economiche, ambientali e sociali.
  • AA1000: riferimento di accountability che copre l’engagement degli stakeholder e la rendicontazione di sostenibilità.
  • EMAS (Eco-Management and Audit Scheme): strumento volontario dell’Unione Europea che riconosce le organizzazioni che migliorano continuamente le loro performance ambientali.

Chi è obbligato a redigere il bilancio di sostenibilità?

Bilancio sociale e bilancio ambientale sono due strumenti di rendicontazione che le aziende utilizzano per comunicare all’esterno la propria CSR. Viene valutata la ricchezza prodotta dall’impresa tenendo conto degli effetti generati sull’ambiente e sulla società. I destinatari diretti dei bilanci sono gli stakeholders, ma questi documenti sono normalmente consultabili da parte del pubblico. In Europa, la direttiva 2014/95/UE ha reso obbligatorio dal 2017 il bilancio sociale per le aziende di interesse pubblico o con più di 500 dipendenti e con uno stato patrimoniale attivo di più di 20 milioni di euro.

Perché un’azienda attua una politica di CSR?

Un’azienda può essere interessata ad attuare una politica di responsabilità sociale d’impresa per una serie di fini sociali, motivi strategici, etici e pratici. Oltre a portare benefici all’ambiente e alla società, la responsabilità sociale d’impresa ha riflessi estremamente positivi anche per l’azienda che la attua. Parliamo soprattutto di un buon ritorno d’immagine, che determinerà, di conseguenza, un incremento del business, un aumento dei potenziali clienti e anche una maggiore facilità nello stringere partnership e relazioni con gli stakeholder, in funzione della credibilità e dell’autorevolezza acquisita. Al contempo, le azioni di CSR rivolte all’interno incentiveranno la produttività e aumenteranno la fidelizzazione dei dipendenti. Infine, in un momento storico nel quale le aziende, per trovare nuovi talenti da inserire nell’organico, devono dimostrarsi attraenti, solide e competitive, una buona politica di CSR è un’ottima carta da giocare.

Comunicare la Corporate Social Responsibility

Per le aziende è fondamentale sviluppare coerentemente con le azioni di CSR messe in atto una strategia di comunicazione per renderle note. Alle attività di rendicontazione ufficiali di cui abbiamo appena parlato, è necessario affiancare un’attività di comunicazione più accessibile, rivolta ad un pubblico generico. La maggior parte delle aziende utilizza la CSR come una parte importante dei contenuti al centro delle proprie campagne di marketing. In effetti, si tratta di argomenti che come abbiamo visto hanno una forte presa sui potenziali clienti.

Per non correre il rischio di produrre una comunicazione superficiale, che potrebbe essere vista dall’esterno come un’operazione di greenwashing, occorre prestare molta cura alla diffusione delle informazioni sulla Corporate Social Responsibility, fornendo dati chiari e verificabili attraverso tutti gli strumenti che l’azienda utilizza: sito web, social media, materiale cartaceo. Alcune imprese, per evitare di correre questo rischio, e di creare un grave danno d immagine, preferiscono invece separare completamente business e CSR e di non parlare degli investimenti per il sociale nelle campagne di marketing. Una scelta che va valutata caso per caso, anche se in generale raccontare la Corporate Social Responsibility è sempre una opportunità da tenere in considerazione.

Corporate Social Responsibility esempi

Lego ha all’attivo diversi progetti in campo ambientale, dell’innovazione sostenibile e per l’educazione dei bambini. Per realizzarli, l’azienda danese ha sviluppato collaborazioni con organizzazioni come il WWF, con la quale porta avanti la ricerca di materiali sostenibili per l’ambiente. Al contempo, ha realizzato eventi di richiamo come una performance artistica a Milano per la costruzione di un orso polare con 150mila mattoncini del brand: un modo per richiamare l’attenzione su una specie in via di estinzione a causa dello scioglimento dei ghiacci.

Anche Google lavora da tempo per affermarsi come azienda impegnata sul fronte ambientale. In primo luogo, con l’iniziativa Google Green la società ha ridotto i costi energetici del 50% nei propri data center. Inoltre, Google ha destinato più di 1 miliardo di dollari a progetti di energia rinnovabile, scegliendo di utilizzarla quando possibile. Starbucks si è impegnata invece prevalentemente sul fronte sociale, considerando che spesso la produzione del caffè non è sostenibile da questo punto di vista. Il suo programma Coffee and Farmer Equity si pone proprio l’obiettivo di garantire condizioni di lavoro eque ai produttori. Starbucks ha inoltre collaborato con Ethos Water per fornire acqua potabile pulita a più di 1 miliardo di persone bisognose.

Francesca Gervasoni

Laureata in Filosofia presso Università degli studi di Milano, ha un’esperienza di 15 anni nel mondo delle agenzie di comunicazione per il mondo profit. Nel 2012 cambia vita e approda su Rete del Dono, dove mette in pratica quello che ha imparato nella precedente vita professionale, per aiutare ONP e aziende ad attivare campagne di raccolta fondi non profit. In Rete del Dono, ricopre il ruolo di Head of Charity Program e si occupa dei rapporti con le aziende.

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