Come le donne contribuiscono alla trasformazione della società? Qual è l’impatto delle donne del sociale? La dialettica tra femminile e femminista e le recenti forme di attivismo possono essere forze che trascendono questo singolo tema, per cambiare il mondo su ampia scala. Alcune riflessioni dalla terza edizione del Non Profit Women Camp ci hanno portato a coinvolgere due professioniste che stanno vivendo un’importante evoluzione personale, Stefania Toaldo – Consulente e formatrice di fundraising, Life coach – e Guya Raco – consulente di fundraising, esperta in valutazione d’impatto e progettazione.
Gender gap ancora elevato
I dati sullo stato dell’arte della riduzione del gender gap in Italia, riportati dalla sociologa Stefania Doglioli, sottolineano come nel nostro Paese ci sia uno spreco di talenti e di competenze: una fetta importante della popolazione, in quando donna, non arriva a raggiungere i livelli dei maschi né in termini di piena occupazione, né di reddito, né di leadership. E nel non profit lo scenario non è dissimile rispetto al settore profit: sebbene la presenza femminile sia numericamente preponderante, le donne in posizioni di leadership sono poche. Così come le laureate in materie STEM, e ciò è un limite se il TS vuole essere protagonista attivo della trasformazione green e digitale.
La consapevolezza di sé come chiave per l’evoluzione
Per crescere dal punto di vista umano e professionale e cambiare le organizzazioni, bisogna partire da se stessi. “Nel mio lavoro ho capito che le organizzazioni si cambiano una persona alla volta” dice Stefania Toaldo. “Vivere in apprendimento costante vuol dire rendere il feedback uno strumento per lavorare su noi stessi. E spaziare in campi diversi per completare le proprie competenze. Io ho appreso skills non provenienti dal mondo del fundraising, ma dal life e business coaching. Mi accorgo che quando una persona inizia a tirare fuori la versione migliore di sé, anche solo in un ambito della propria vita, pian piano evolve e fa evolvere l’intera organizzazione”.
Leggere la complessità con occhi nuovi
Un processo di consapevolezza che vuol dire restare curiosi. “Non tanto per arricchirsi di nozioni, ma per acquisire la capacità di leggere la complessità di un luogo” aggiunge Guya Raco. Per farlo bisogna rimanere aperti anzitutto alla propria complessità e frequentare palestre diverse, per allenarsi dal punto di vista mentale e relazionale. “Ognuno di noi è moltitudine e multipotenziale: la vita che stiamo vivendo è solo una delle molte possibili! Dobbiamo fare esperienze fuori dalla nostra comfort zone, per scoprire ogni volta che mondi apparentemente lontani sanno dirci qualcosa”. Solo scoprendo la propria flessibilità, si può gestire la complessità. Questa consapevolezza ci permette anche di superare condizioni e situazioni di particolare stress che possono sconfinare nel burnt out. Come chiaramente evidenziato da Francesca Cavallini, psicologia esperta di innovazione sociale, in occasione di Non Profit Women Camp, dobbiamo superare qualsiasi mania di controllo, perfezionismo e ansia da prestazione che minano il nostro equilibrio, e non ci aiutano a valorizzare le nostre competenze. “Fare le cose in cui ci si riconosce e stare bene con se stessi cambia il nostro sguardo su di noi e ci fa uscire dalla logica della performance” commenta Guya.