La filantropia è la scelta di devolvere una parte del proprio tempo o delle proprie risorse al benessere di categorie svantaggiate o della collettività. Non serve essere miliardari per diventare filantropi: chiunque può offrire il suo contributo
La filantropia è un insieme di azioni con un impatto sociale positivo volte a raggiungere interessi generali o a migliorare la vita delle persone quando ne hanno più bisogno. Ancora oggi un filantropo è spesso visto come un ricco magnate che devolve parte del suo patrimonio ai bisognosi o a cause importanti. Questo è vero, e accade spesso, ma le azioni filantropiche possono essere realizzate da chiunque, anche con un piccolo contributo di tempo o di denaro. Ad esempio, attraverso una piattaforma online di crowdfunding, oppure aderendo ad un’associazione di volontariato. Non servono ingenti somme; serve piuttosto continuità nell’azione. Infine, possono essere anche le imprese e le istituzioni a farsi portatrici di attività filantropiche.
Quando nasce la filantropia?
Il termine ha origini antiche. Deriva dal greco philía, “amore”, e ànthrōpos, “uomo”: amore per l’uomo. In Grecia, infatti, indicava un sentimento di benevolenza verso i propri simili, e in età ellenistica dei sovrani verso i sudditi. Per i romani l’azione filantropica è collegata al concetto di “humanitas”, che vede l’uomo quale portatore di una missione morale e collettiva in relazioni alle imprese imperiali. Con l’Illuminismo e in seguito alla Rivoluzione Francese il termine si affianca invece agli ideali di uguaglianza e fraternità tra gli uomini, per poi svilupparsi nell’ambito dell’umanitarismo ottocentesco con azioni concrete come la creazione di scuole, società benefiche, ospedali per indigenti.
Rispetto all’attività filantropica tradizionale, quella moderna si esprime maggiormente sul lungo termine e in modo continuativo. Incentiva la sostenibilità e cerca di ristabilire un equilibrio tra la società e il benessere individuale. L’accento è posto sul cambiamento, sulla spinta alla creazione di una società migliore, piuttosto che sulla “cura del sintomo” e sul singolo gesto isolato.
Qual è il contrario di filantropia?
Il contrario di filantropia è generalmente rappresentato da concetti che esprimono egoismo, indifferenza verso gli altri o la mancanza di volontà di contribuire al bene comune. Il contrario dal punto di vista lessicale può essere considerato il termine misantropia, ovvero una “avversione verso la società, che si manifesta nella ricerca della solitudine e nel rifiuto scontroso di ogni forma di socialità”. Ma anche la semplice parola “egoismo” si pone in netta contrapposizione all’atteggiamento filantropico. Oppure “cinismo”, che può manifestarsi come una visione del mondo in cui si sospetta della sincerità delle intenzioni altruistiche e si tende a credere che le persone agiscano principalmente per interessi personali.
Quando si sviluppa il filantropismo?
Per “filantropismo” s’intende, invece, una corrente pedagogica riformista nata in Germania nel XVIII secolo, la cui base può essere sempre considerata l’amore e il rispetto per ogni uomo, ma che si declina poi in particolari metodi scolastici e d’insegnamento che si allontanano dal concetto che stiamo affrontando in questo contesto.
Che vuol dire essere un filantropo?
I filantropi dedicano una parte delle proprie risorse – tempo e denaro – al perseguimento del benessere altrui e di obiettivi di utilità sociale: istruzione, salute, innovazione sociale, inclusione sociale, sostegno alla cultura sono alcuni degli ambiti principali in cui si sviluppano gli interventi filantropici. Il raggio d azione delle attività filantropiche è ampio: il comune denominatore è la volontà di fare del bene e l’assenza di un ritorno di qualunque genere. Tra le azioni alle quali un filantropo può contribuire ricordiamo, a titolo di esempio, la costruzione o il miglioramento di scuole, teatri, biblioteche, musei, la realizzazione di ospedali o di altre infrastrutture di utilità pubblica, il sostegno alla ricerca scientifica, l’avvio di opportunità professionali rivolte a coloro che non hanno accesso ad altre occasioni formative. E così via. In generale, l’elemento chiave che distingue l’attività filantropica è la condivisione di risorse private.
Essere un filantropo non è limitato esclusivamente alle persone ricche. Anche chi contribuisce con piccole donazioni, tempo volontario o risorse può essere considerato un filantropo se ha l’intenzione di fare una differenza positiva nella società. La filantropia riflette l’idea che ogni individuo può contribuire al bene comune, indipendentemente dalle proprie risorse finanziarie.
Come fare il filantropo?
Spesso i filantropi sono visti soltanto come quei personaggi noti e lungimiranti – ma soprattutto dotati di un patrimonio decisamente al di sopra della media media (parliamo di decine di miliardi di dollari, fino ad un centinaio) – che devolvono parte delle proprie risorse in beneficenza. Pensiamo a Bill Gates e Michael Bloomberg, o ad attori come Angelina Jolie e Leonardo DiCaprio. E in effetti lo sono. Ma allo stesso modo può diventare un filantropo ogni comune cittadino. L’azione filantropica non si misura infatti con le risorse a disposizione. Piuttosto, è riconoscibile quando diventa un’abitudine costante, uno stile di vita. Chiunque può fare la propria parte, anche devolvendo un piccolo contributo alle cause che più si avvicinano alla sua sensibilità.
Ad esempio, tramite le donazioni e strumenti come i fondi correnti delle fondazioni comunitarie e i fondi patrimoniali. Inoltre, oggi il web rende ancora più facile realizzare azioni filantropiche grazie alle piattaforme di crowdfunding. Quella della filantropia online è una strada che tutti possiamo percorrere. Un’altra è quella del volontariato: anche in assenza di risorse economiche è possibile dedicare una parte del proprio tempo al miglioramento del benessere altrui o della comunità, appoggiandosi ad una delle numerose associazioni di volontariato che costellano il territorio italiano. Non solo: il volontario può spingersi oltre e impegnarsi in prima persona nella raccolta fondi diventando personal fundraiser e attivando una campagna personale di raccolta fondi a sostegno della sua causa del cuore.
Cosa sono le istituzioni filantropiche?
Un particolare filone dell’attività filantropica è la cosiddetta filantropia istituzionale. Ne fanno parte enti privati che a scopi istituzionali si prendono cura di patrimoni a beneficio della comunità. Solitamente si tratta di fondazioni bancarie o di comunità, fondazioni d’impresa o enti filantropici appartenenti al Terzo settore. Parliamo di organizzazioni dalla lunga storia, in grado di gestire patrimoni finanziari tramite bandi o erogazioni dirette a enti non profit. Con lo scopo, ad esempio, di fornire borse di studio a ricercatori o studenti meritevoli, realizzare strutture sanitarie, di formazione o di aggregazione, o ancora aprire al pubblico beni architettonici d’interesse culturale o artistico.
Chi sono i filantropi in Italia?
I più grandi filantropi nel mondo, come abbiamo accennato, sono Bill Gates, Elon Musk, Jeff Bezos, Warren Buffett. Ma anche in Italia abbiamo importanti benefattori. Uno dei principali filantropi italiani è Giorgio Armani, insieme al fondatore del brand Diesel, Renzo Rosso. Si possono poi annoverare Michele Ferrero, Andrea Bocelli e la famiglia Benetton. Non è un imprenditore, ma il Papa risulta tra i principali filantropi. Inoltre, ci sono diverse aziende che scelgono di intraprendere azioni filantropiche anche – va detto – per il proprio tornaconto, come vedremo più avanti nel paragrafo dedicato alla filantropia d’impresa, che possiamo anche chiamare filantropia strategica.
Quali sono gli enti filantropici?
Le associazioni, ovvero gli enti filantropici, sono previsti dalla Riforma del Terzo settore e descritti all’interno del Codice del Terzo settore. Lo scopo di un ente filantropico è quello di fornire risorse economiche, beni o servizi a categorie svantaggiate o ad attività di interesse generale. Il denaro che gli enti filantropici devolvono deriva solitamente da donazioni private o pubbliche, attività di raccolta fondi o rendite patrimoniali. Tra gli enti filantropici possono rientrare fondazioni, associazioni, organizzazioni di volontariato e promozione sociale e altri soggetti appartenenti al Terzo Settore.
Come si costituisce un ente filantropico?
L’ente filantropico dev’essere formalmente costituito come associazione o fondazione ed essere registrato nella relativa categoria prevista dal Terzo settore. È dotato di un atto costitutivo che ne indica finalità, struttura e gestione. Può avere volontari ma anche personale stipendiato, così come entrate di natura commerciale. La chiarezza sugli scopi dell’ente è fondamentale: gli obiettivi devono essere di natura sociale, culturale, educativa, scientifica, ricreativa o di solidarietà. Altrettanto importante lo statuto, il documento che stabilisce gli scopi, la struttura e le regole operative dell’ente stesso. Una volta approvato lo statuto, l’ente deve procedere con la registrazione presso il RUNTS, il Registro Unico Nazionale del Terzo Settore.
Filantropia d’impresa
Un altro importante settore dell’attività filantropica è rappresentato dalle imprese che scelgono di contribuire ad una causa benefica devolvendo parte dei propri profitti. Per le aziende una scelta simile spesso è dettata dalla volontà di ottenere una maggiore visibilità e di suscitare l’interesse dei consumatori, che sono sempre più attenti ed esigenti nelle loro scelte. Un brand che s’impegna a sostegno di una buona causa può raggiungere una determinata fascia di pubblico, legata agli obiettivi che si pone la causa stessa. Ciò detto, se ben fatta ha comunque lo stesso effetto positivo sulla società, dunque rappresenta in egual modo una strada da sostenere pienamente.
La filantropia d’impresa può coincidere con il concetto di responsabilità sociale d’impresa (CSR), in quanto rappresenta allo stesso modo un impegno volontario a contribuire al miglioramento della società e dell’ambiente. Essa può assumere varie forme e coinvolgere diverse iniziative a beneficio delle comunità locali, dell’ambiente o di cause sociali. Ad esempio, le aziende possono donare una parte dei loro profitti o risorse finanziarie a organizzazioni no-profit, fondazioni o progetti sociali.
Possono incoraggiare i propri dipendenti a impegnarsi in attività di volontariato, fornendo tempo retribuito per partecipare a iniziative di beneficenza o progetti comunitari. O ancora, collaborare con organizzazioni no profit o enti di beneficenza per implementare progetti con un impatto sociale positivo, realizzare programmi di educazione e formazione rivolti alle comunità locali o ai dipendenti stessi, promuovendo l’istruzione e lo sviluppo delle competenze.